Rifiuti di plastica


 I rifiuti sono molto di più che semplice «materiale di scarto di svariate attività umane» (Wikipedia), «oggetti di scarto, inutili o inutilizzabili» (Treccani). I rifiuti sono un prodotto del lavoro umano che non riconosciamo come tale, mentre crediamo che siano una proprietà intrinseca delle merci che compriamo e consumiamo.

Mentre milioni di persone vorrebbero ridurne l'uso, la produzione di materiali plastici è in aumento. Sta aumentando a tal punto che, probabilmente, con questo ritmo, nel 2050 il peso della plastica oceanica potrebbe superare quello di tutti i pesci. Lungi dall'essere guidata dalla "domanda dei consumatori" - e quindi dalla "colpa" dei singoli consumatori - la produzione di plastica è guidata dall'economia basata sui combustibili fossili.

La produzione di plastica iniziò a metà del XIX secolo, quando la celluloide, derivata dal polimero di cellulosa naturale delle piante, fu sviluppata come sostituto dell'avorio. La prima vera plastica sintetica fu la bachelite, introdotta nel 1907 come sostituto della gommalacca.

Negli anni '20 e '30, mentre le compagnie petrolifere costruivano nuovi mercati per il petrolio come carburante ed aprivano la strada alla produzione di massa di automobili, l'industria chimica sviluppava materiali completamente nuovi, ricavati dai prodotti della raffinazione del petrolio. In seguito, le compagnie petrolifere e chimiche iniziarono a sviluppare alleanze ed a formare società integrate verticalmente. Oggi i principali  attori - DowDuPont, ExxonMobil, Shell, Chevron, BP e Sinopec - sono aziende integrate che producono sia combustibili fossili che plastica.

Il grafico che illustra la produzione mondiale di plastica dal 1950 al 2018 rappresenta in modo eloquente la cosiddetta Grande accelerazione. La produzione di plastica è esplosa nel dopoguerra - ammontava a centomila tonnellate nel 1939 - passando a 1,3 milioni di tonnellate nel 1953, a 15 milioni di tonnellate nel 1964 e poi a 311 milioni di tonnellate nel 2014. L’industria delle materie plastiche utilizza circa il 6% del petrolio prodotto nel mondo, più di quello del trasporto aereo, e questa percentuale, se non cambia niente, dovrebbe aumentare da qui a metà del secolo. [1]






Imballaggi di plastica

Il più grande mercato della plastica (26% della produzione totale) è quello degli imballaggi, dei prodotti realizzati con materiali che non si decompongono e che sono destinati ad essere gettati, spesso dopo un singolo uso. A dispetto di quanto si dice, solo il 14% degli imballaggi di plastica è raccolto per il riciclaggio, e solo un terzo di questo, il 5% della produzione totale, viene poi riciclato. Il resto si divide come segue: il 14% viene bruciato, il 40% è interrato, e uno sconcertante 32% è gettato nell’ambiente come elemento inquinante.[2]

Da un rapporto di fine 2022 del Grand View Research, un’istituto di ricerca di mercato internazionale, «il mercato globale degli imballaggi in plastica dovrebbe raggiungere i 492,3 miliardi di dollari entro il 2030. Si prevede che il mercato si espanderà con un tasso di crescita annuo del 4,2% dal 2022 al 2030. La rapida crescita dei settori alimentare e delle bevande, della cura della persona, dell’industria e della farmaceutica, insieme alla crescente penetrazione del commercio organizzato e dell’e-retail in tutto il mondo, dovrebbe alimentare la crescita del mercato».[3]

Nelle discussioni sull'uso della plastica è comune incolpare il consumismo di massa e la cultura dello scarto per il problema ambientale che crea. Ma la cultura della plastica e del successivo usa e getta è stata creata e guidata dalle società che ne traggono profitto, non dalla domanda dei cosiddetti "consumatori".

I prodotti usa e getta erano difficili da vendere ad una generazione cresciuta col motto "arrangiati e ripara" e che aveva attraversato la Seconda guerra mondiale. La produzione di plastica è esplosa nel dopoguerra - ammontava a centomila tonnellate nel 1939 - passando a 1,3 milioni di tonnellate nel 1953, a quindici milioni di tonnellate nel 1964 e poi a trecentoundici milioni di tonnellate nel 2014. L’industria delle materie plastiche utilizza circa il 6% del petrolio prodotto nel mondo, più di quello del trasporto aereo, e questa percentuale, se non cambia niente, dovrebbe aumentare da qui a metà del secolo.

Dagli anni '50 sono state lanciate massicce campagne pubblicitarie per cambiare gli atteggiamenti dei riottosi "consumatori" e l'impopolarità dei sacchetti di plastica è stata sconfitta dalle scelte dei supermercati, guidate da calcoli economici. I sacchetti di carta costavano più del triplo, ma una volta introdotti nelle grandi catene dei supermercati, i sacchetti di plastica si sono diffusi in tutti i negozi. Contemporaneamente, molti prodotti sono stati ridisegnati per essere usati una sola volta: dagli accendini alle penne, dai rasoi alle cannucce. Oggi la metà di tutta la plastica prodotta va in applicazioni monouso, e al centro di questo c'è l'imballaggio, che rappresenta il 26% di tutta la produzione.

Nel 2019, a livello globale, la produzione annuale di plastica è raddoppiata rispetto al 2000, passando da 234 a 460 milioni di tonnellate. Lo stesso si vede con la produzione di rifiuti – più che raddoppiata – che ha raggiunto le 353 milioni di tonnellate.[4]

Nuotiamo nella plastica.


Note

[1] Ian Angus, Anthropocene. Capitalismo fossile e crisi del sistema Terra, Asterios, 2020, pag. 207-208

[2] Ian Angus, op. cit., p. 208.

[3] Imballaggi in plastica: rigidi o flessibili, il mercato cresce, Plastmagazine, 27.02.2023

[4] Simone Fant, “Solo il 9% della plastica viene riciclata”: i dati allarmanti del nuovo rapporto Ocse, EconomiaCircolare.com, 22.02.2022.


A cura della Redazione di Antropocene.org